Transito fisico in un tempo definito
di FEDERICO MONTESANO
a cura di Lorenzo Argentino
Inaugurazione Domenica 28 Maggio 2017 ore 18.00
Spazio 2
La mostra sarà aperta fino al 16 giugno 2017 il giovedi, venerdì e sabato dalle 17.30 alle 19.30.
Lettura critica di Sonia Patrizia Catena
“Osservai la bambina e finalmente ritrovai mia madre. La luminosità del suo viso, la posizione ingenua delle sue mani … tutto ciò aveva trasformato la posa fotografica in quel paradosso insostenibile che lei aveva sostenuto per tutta la vita: l’affermazione di una dolcezza”.
Roland Barthes, La camera chiara
Date, momenti ed eventi. Un museo delle persone perdute che prende forma attraverso la ricerca e il corpus fotografico di Federico Montesano. Un lavoro ermeneutico e di interpretazione del mondo. Una collezione di ricordi che conduce alla ricostruzione storica di un’identità familiare. Pose frontali si stagliano stabili dinnanzi a noi. Ci osservano e ci interrogano. Un tempo della posa che si iscrive in uno spazio delimitato, in un tempo definito in cui il proprio essere perdura anche sul futuro. Immagini che ci appaiono sfumate, polverizzate nei loro dettagli, quasi offuscate dal tempo. Un tempo passato che è stato cristallizzato in un fotogramma, racchiuso in limiti spaziali. Patine nomadiche si stratificano risemantizzando l’immagine, ne valorizzano alcune parti e ne offuscano altre. La fotografia rimane aperta, non è chiara. Visi, momenti, eventi precisi sono segnati, tracciati sulla pellicola fotografica che diventa testimonianza di un’assenza. Montesano scava nel passato, come un archeologo, nei reperti di famiglia e archivia ogni fotografia con il chiaro intento di mantenerli nel tempo, di epifanizzare istanti ormai perduti.
La memoria storica, così come l’oralità, si tramanda grazie alla collettività, ma se le persone vengono meno mancano i traduttori di questi preziosi reperti, i quali rimangono ai nostri occhi inerti e senza significato per noi. E’ come un linguaggio, se non ne comprendi il sistema, rimarrà un territorio sconosciuto e tutto ritornerà presto nell’oblio del presente. Conoscere, tradurre e diffondere permette di tramandare la storia di ogni persona qui ritratta, consente di riconoscerci e di ritrovare, come Montesano, il proprio passato e le proprie origini. Un passato che non ritorna, immortalato da fotografie che testimoniano tracce di vite, volti noti e volti di cui si è persa memoria, sepolta ormai da strati di tempo.
Il loro passato, tuttavia, non è immutabile perché dipende dal filtro della nostra memoria che è variabile e rinegozia costantemente i ricordi, inserendo, ogni volta, lenti diverse ed emozioni che dipendono dal nostro presente. La fotografia suggerisce uno spazio in cui si stratifica il senso, in cui si possono commemorare momenti passati e riportarli alla collettività presente.
La mostra di Montesano diventa archivio, un processo di conoscenza e strumento di comunicazione che racconta un codice identitario, la storia e il suo dna, per prendere forma di spazio, luogo che diventa memoria del tempo e costruisce l’identità del futuro, di quello che saremo. Fra ricordi labili e un presente concreto Montesano interpone un vetro, il quale protegge la fotografia e lo rende simulacro, oggetto da desiderare, da non toccare ma da guardare da una certa distanza. Una distanza temporale, quella della contemplazione, un metafisico momento di riflessione che ti fa guardare quell’immagine come un’icona da venerare.
E poi in ultimo la cornice. Quell’elemento che non ha solo uno scopo ornamentale, bensì nell’artista assurge a contenitore del ricordo, come una vecchia scatola di latta che racchiude in sé la preziosità di un momento fugace, come se la volontà di limitare quell’immagine, circoscriverla all’interno di uno spazio la renda immortale. Racchiudere per poter ascoltare al meglio le voci interne del nostro io.